1 aprile 2008

INCUBO : ABORTO

Come direbbe la Cortellesi : RIPARLIAMONE.

Riparliamone solo un attimo,
parliamo dell'aborto.

E allora sembra necessario parlare di quand'è che inizia la vita.

Reminiscenze del liceo, forse sbagliate, mi suggeriscono che Sant'Agostino facesse coincidere l'inizio della vita con il primo respiro autonomo del neonato.

In America l'aborto è legale per qualsiasi ragione la donna lo decida fino al momento in cui il feto diventa vitale e in grado di resistere fuori dal grembo materno (24-28 settimane).

In Italia l'aborto è regolato dalla legge 194, indica come limite di tempo i tre mesi (12-13 settimane) per l'aborto volontario e fino la 24° settimana per l'aborto terapeutico.

Quindi legalmente la vita inizia con la "vitalità" del feto.
Forse però filosoficamente la vita inizia dopo la prima settimana dal concepimento, passato il periodo di gemellazione. Se l'embrione non ha ancora deciso se dare origine a uno, due , tre esseri umani, non si può dire che ci sia la specificità dell'essere in potenza che è essenziale per definire l'individuo, e l'unicità della sua vita.
Forse questa è la cosa che mi torna di più. Dopo una settimana hai nel tuo ventre una persona bella che pronta, che deve cuocere ancora un bel po', ma, in potenza, c'è proprio tutta, definita, perfetta. Abortire è un omicidio.
Ah, che liberazione.

Basta perdere tempo a parlare di qualcosa che non sapremmo mai definire, e qualunque teoria non sarà mai inattaccabile. Diciamo pure che la vita inizia praticamente da subito.
E se proprio vogliamo parlarne, ricordiamo come mai dobbiamo per forza, senza possibilità di fare diversamente, definire l'aborto legale.

Una legge che impedisce alla donna di abortire, di scegliere circa il suo corpo è una legge che relega nuovamente la donna al ruolo di OGGETTO, e non soggetto.

Penalizzare l'aborto porta con sè una serie di conseguenze sociali enormi.
Se la donna non è considerata degna di decidere questo , ma è la società a decidere per lei, allora ella diventa un ventre, un'incubatrice, un involucro, un corpo, una cosa.
Di nuovo, una cosa.



12 commenti:

UnUomo.InCammino ha detto...

L'aborto è un dramma.
Ed una realtà dell'umano vivere che deve essere gestita.
E' necessario difendere la 194 da ogni attacco, specie se proveniente da persone squallide e ributtanti che ci speculano a scopi di potere.

Anonimo ha detto...

LA TUA è UNA POSIZIONE FORTE MA CONDIVISIBILE SE DOBBIAMO RIPARLARNE è BENE RIPARLARE DEL CENTRO DEL PROBLEMA ABORTO , NOI

SIMO73

Anonimo ha detto...

Le osservazioni che ho letto le condivido tutte, virgole comprese. Potrei fermarsmi qui, anche perché, come uomo, devo tacere, visto che procreare è proprio delle donne, e dunque alle donne spetta la prima e l'ultima parola su come, quando e con chi procreare. Mi limito solo ad osservare una cosa: la legge sull'aborto consente l'interruzione di gravidanza, cioè la rende legale. Punto. In teoria, se, come è auspicabile, un giorno tutti, ma proprio tutti, saranno in grado di vivere una sessualità matura e consapevole, tanto da non dover ricorrere all'aborto, la legge, pur in vigore, si sarà abrogata da sé. E' una ipotesi limite, com'è ovvio. Ma mi serve per dire ai soloni che pontificano sul corpo delle donne che abortire, ahinoi, è una trste e dolorosa realt°. Perché renderla ancora più triste e dolorosa? Impegnamoci perché la cultura della contracezione, sopratutto fra noi uomini, diventi cosa radicata e di prassi comune.
Ps: il tuo blog mi piace sempre di più

Anonimo ha detto...

E' la nuova frontiera del pensiero reazionario: non basta espropriare il lavoratore del frutto del suo lavoro, occorre ora mettere le mani nel ventre della donna e portarle via il suo bimbo (malato o sano che sia) giudicando colei che abortisce troppo debole per non farsi schiacciare dalle contingenze della vita reale. Che il feto sia formato o meno, l'aborto priva la donna di una parte di sè e, per questo, deve essere valutato senza poter prescindere dalla donna: lei è madre, credo, anche quando abortisce. Privarla del suo doloroso diritto all'aborto la riconsegna di nuovo al rango di pura 'matrice'. Quello che lei pensa e sente non conta niente insomma: faccia pure figli, e se non li vuole pazienza... la nostra allegra società li aspetta a braccia aperte!
P.S. ben ritrovata Margot! ;)
mau

Anonimo ha detto...

la società dopo il flagello degli anni della cntestazione sta finalmente tornando sui suoi passi e l'"aborto facile" non è più considerato auspicabile.
ci sono persone come te che ancora non riescono a capire che questo ritorno alla dignità della vita è una cosa buona e si arroccano su posizioni che potevano andar bene 20 anni fa.

Margot ha detto...

20 anni fa? vuoi dire negli anni '80???!

mistery

Anonimo ha detto...

Ciao, provo a scriverti in pvt ma non so se ricevi.

Passo e chiudo
jiuly
www.ilovemoquette.splinder.com

Anonimo ha detto...

Secondo me in italia abbiamo una legge giusta che non deve essere toccata, è giusto sia la donna a decidere, entro un certo limite di tempo.
se poi vogliamo parlare di diritto alla vita, e di cosa sia la vita non si finisce più... in base a cosa la vita di una cellula, di una mosca, di un albero, è meno importante di quella dell'uomo?
Già uno spermatozoo e un ovulo sono vivi per conto loro... hanno diritto a vivere oppure no?
Tutto si basa sull'importanza che gli viene data, di per sé non ne avrebbe alcuna, oppure potrebbe avere tutta l'importanza dell'universo.

Anonimo ha detto...

Faccio un semplice copia-incolla dalla rubrica odierna 'Carta canta' che Travaglio quotidianamente tiene su Repubblica. E non aggiungo commenti...
"Noi su tutti i temi della famiglia e della vita seguiamo la dottrina della Chiesa. Questo anche con la libertà di coscienza che diamo a tutti. Con questa libertà di coscienza, che abbiamo sempre dato a tutti, noi abbiamo sempre espresso voti alla Camera e al Senato, con una posizione identica a quella della Chiesa cattolica. Si ricordi poi che il Popolo della libertà è la costola italiana di quel partito popolare europeo che nasce dalla tradizione cristiana" (Silvio Berlusconi, "Italia Oggi", 29 marzo 2008)

"Al quinto mese di gravidanza ho saputo che il bambino che aspettavo era malformato e per i due mesi successivi ho cercato di capire, con l'aiuto dei medici, che cosa potevo fare, che cosa fosse più giusto fare. Al settimo mese di gravidanza sono dolorosamente arrivata alla conclusione di dover abortire... Ancora oggi è doloroso condividere pubblicamente quell'esperienza" (Veronica Berlusconi, Corriere della sera, 8 aprile 2005).

Anonimo ha detto...

anche io non sono favorevole all'aborto

Anonimo ha detto...

anche io non sono favorevole all'aborto

Anonimo ha detto...

Mmh, dico anche io la mia :)
A me la legge italiana sull'aborto sembra abbastanza buona e non la cambierei. Uno stato laico deve consentire una simile scelta e garantire a chi la compie l'adeguata assistenza sanitaria. Che poi non ho mai capito dove sia il problema per gli antiabortisti: se una donna è contraria all'aborto e le "capita" una gravidanza indesiderata, è libera di tenere il bambino, indipendentemente dall'esistenza della legge.
Infine mi sembra anche ipocrita (e ai limiti del ridicolo) condannare con leggerezza un atto così delicato, sofferto e privato, quando *puntualmente* ai colloqui di lavoro una donna si sente chiedere se è sposata e se ha intenzione di avere figli a breve (se risponde di sì, può dire ciao ciao all'impiego). Io credo che nessuna donna abortirebbe, se avesse almeno un'altra scelta. Ma nel momento in cui decide di farlo, è giusto che lo faccia in condizioni sanitarie adeguate e con la tutela, non la condanna, della legge. In un Paese civile è il minimo. Ma proprio il minimo.

Sirimien

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